Pasolini, Pier Paolo - Una vita violenta

Grantenca

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Libro non facile da leggere perché scritto (soprattutto i dialoghi) in un dialetto romanesco di periferia non semplice da comprendere per chi romano non è. E' vero che c'è un "glossario" che traduce parole ed espressioni ma ciò, inevitabilmente, si ripercuote sul ritmo di lettura dell'opera. Per quanto riguarda il contenuto narra la vita, fanciullezza, adolescenza e prima giovinezza, di un gruppo di amici, ma soprattutto di Tommaso, nati in una "baraccopoli" alla periferia di Roma nel primo dopoguerra (anni 50). La miseria regna sovrana, la vita è una lotta quotidiana di sopravvivenza, giorno dopo giorno, non si guarda più in là del domani. Eppure i ragazzi giocano, crescono, vanno a scuola e finché sono molto piccoli non si rendono conto del loro stato certamente non invidiabile. Man mano che crescono aumentano le loro esigenze, vorrebbero essere meglio vestiti, mangiar bene, fumare, andare al cinema, a ballare. Son esigenze, in un certo senso, primarie perché si rendono conto che per le altri classi sociali queste cose sono normali. Nasce quindi l'esigenza di procurarsi del denaro e qui è il regno dei furti, della pedofilia a pagamento, della prostituzione, dei papponi. Il senso di famiglia è molto attenuato e si parla qualche volta delle madri e quasi mai dei padri, perché è sulle spalle delle madri che ricadono sacrifici quasi inumani. In definitiva questo libro potrebbe definirsi una "poesia" dedicata agli ultimi della società, visti qui come persone reali, dico "poesia" perché, secondo me, c'è anche qualche pagina bellissima, in un testo però molto impegnativo.

Quello che mi ha spinto a completare in poco tempo questa lettura è il fatto che l'età del protagonista e forse solo di qualche anno superiore alla mia, e si parla delle stesse canzoni, degli stessi film che si proiettavano in quei tempi. Anch'io nella primissima adolescenza ho vissuto in grande povertà, ma era una condizione generale nella mia comunità, ma per quanto poveri ognuno aveva due pietre sulla testa. La nostra era dichiarata "zona depressa" e se pur questo titolo dice molte cose, la mia situazione non è mai stata lontanamente paragonabile a quella descritta nel libro. Nessuno degli adolescenti e giovani nella nostra comunità, non solo nella mia cerchia di amicizie, a mai avuto a che fare con la legge. Al massimo qualche assalto, all'insaputa dei genitori, a qualche albero di frutta. Noi eravamo in provincia, ma, nei confronti della vita dei poveri nella metropoli, mi rendo conto che siamo stati dei grandi privilegiati.
 
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